AGOSTINO IACURCI | Alien Horti Picti

Robert Grunenberg, Berlino | 18.03.2023 – 14.04.2023

Agostino Iacurci
Alien Horti Picti
18.03.2023 – 14.04.2023

Durante il periodo in cui era borsista dell’Accademia Italiana alla Columbia University di New York nel 2020, Agostino Iacurci seguiva ogni mattina la stessa routine: tracciava una linea al centro di un foglio bianco con una matita e poi disegnava a mano libera la sagoma di una pianta con una testa umana. Il suo status negli Stati Uniti all’epoca è quello di “straniero legale autorizzato a lavorare”. In questo periodo, è anche affascinato dalle cosiddette “piante aliene invasive” – piante che vengono introdotte da altre regioni o climi attraverso le attività umane, si riproducono senza controllo e distruggono gli ecosistemi nativi. Gli ibridi grafici e fantastici di piante ed esseri umani di Iacurci sono meditazioni ornamentali sull’estraneo, l’altro, il diverso, la paura dell’alieno, l’intrusione nei sistemi ecologici, culturali e ideologici, la metamorfosi, la fine del pensiero antropocentrico, un nuovo rapporto tra civiltà e natura.

Sono il punto di partenza di Alien Horti Picti, la sua prima mostra da Robert Grunenberg. L’idea dei “giardini dipinti” si combina nella mostra con la fascinazione di Iacurci per la decorazione a “grottesche” delle ville greco-romane, riscoperta nel XV secolo e molto popolare durante il Rinascimento e il Manierismo. Poiché le pitture murali si trovavano in spazi sepolti, o presumibilmente sotterranei, venivano indicate con l’aggettivo grottesco, derivato da grotta (it.: grotta). La decorazione è caratterizzata dalla fusione delle forme più diverse, dall’intreccio ornamentale di fiori, frutti, vasi, corpi umani, chimere e mostri.

Iacurci trasforma motivi ornamentali e mitologici come questi, provenienti dall’intera storia dell’arte e della cultura, dall’antichità alla modernità, in uno stile geometrico colorato, luminoso, bidimensionale e piatto. Si pensa al postmodernismo italiano e al realismo magico, ma anche alla fantascienza, all’horror, al postumano e alle narrazioni speculative. Così, nei dipinti e nelle opere murali di Alien Horti Picti, riproduzione umana e vegetale si fondono: il latte sgorga dai seni di fontane a forma di corpo di donna, teste e arti spuntano da piante che crescono simmetricamente.

La metamorfosi è un motivo centrale nell’universo surreale e poetico di Iacurci. Ma a differenza di Ovidio, non è legata a una storia di creazione. Non conduce da uno stato primordiale arcaico alla cultura del presente. Assomiglia piuttosto a una sorta di coltivazione sperimentale, che si svolge in un giardino coltivato e artificiale, in vasi, ciotole e recipienti – senza un contatto effettivo con la terra, senza una classificazione temporale. Tutte queste piante sono aliene. Forme antropomorfe nascono dai contenitori, in cui si combinano piante, persone, architetture, ornamenti e geometrie. Non ci sono gerarchie chiare tra uomini e piante.

Più volte l’artista italiano, nato nel 1986, ha adattato ornamenti e decorazioni botaniche, le ha ibridate e trasformate in dipinti, sculture, installazioni sceniche, performance o murales monumentali sulle facciate di istituzioni pubbliche e private in tutto il mondo. Anche la mostra Alien Horti Picti ha un carattere scenico e performativo. Insieme a Francesco Libetta, uno dei più noti pianisti e compositori italiani, e al pianista e restauratore Giorgio Manni, Iacurci ha sviluppato un progetto appositamente per la mostra. Un pianoforte da tavolo inglese del XIX secolo, dipinto da Iacurci con motivi vegetali, si trova su un tappeto astratto dipinto a mano che rappresenta un cerchio di colori. Iacurci allude a una tradizione barocca. Luca Giordano e Peter Paul Rubens, ad esempio, hanno dipinto strumenti a tastiera. Giorgio Manni e Francesco Libetta suoneranno brani classici legati al concetto di metamorfosi.

Le escrescenze ornamentali di Iacurci possono essere intese anche come figure di pensiero. Nel suo lavoro fa riferimento anche alle ricerche del neurobiologo Stefano Mancuso, che invita a ripensare le piante. Mancuso descrive le piante come esseri senzienti e pensanti che giocano, comunicano con altre specie e formano reti. Come Mancuso, Iacurci si oppone alla gerarchia antropocentrica del Rinascimento, diffusa ancora oggi. Questa vede le pietre e i minerali come inanimati, le piante come una forma di vita inferiore, gli animali come non senzienti e vede l’uomo al vertice della piramide. Al di sopra dell’uomo comune c’è ancora l'”Homo studiosus”, l’uomo ricercatore.

L’antropomorfismo, l’attribuzione di caratteristiche umane ad animali, piante, forze naturali e cose non umane, prende una piega dialettica nell’opera di Iacurci: non solo le piante sono antropomorfizzate, ma viceversa gli esseri umani sono trasformati in forme di vita vegetali. Allo stesso tempo, la pratica artistica di Iacurci sabota le classiche gerarchie tra arte applicata, design, belle arti e arti popolari. Questo approccio democratico ricorda lo spirito rivoluzionario e interdisciplinare del Gruppo Memphis milanese dei primi anni Ottanta, così come la riduzione a forme geometriche elementari e la ricerca di un linguaggio visivo iconografico con un alto valore di riconoscimento. Iacurci si appropria dell’arte e del design del postmodernismo italiano, che lavorava con forme antropomorfe e attingeva a periodi storici, stili e culture straniere da una prospettiva relativamente eurocentrica. Ma non lo fa per rievocarlo nostalgicamente, bensì per decostruirlo in una sorta di versione 2.0, come post-postmodernismo per l’Antropocene in crisi.

Testo: Oliver Koerner von Gustorf